Rifondare una squadra

In breve

La nomina di un nuovo GM in uno stabilimento di una multinazionale, richiede il dover lavorare sull’assetto della squadra dei suoi primi riporti, abituata ad un diverso stile di leadership e che ha anche appena integrato due nuovi membri.

Il quesito

“Lui è quello giusto. È incisivo, pragmatico, passionale e carismatico. Sa certamente imporsi su una squadra che è stata sostanzialmente abbandonata a se stessa per troppi anni. Il problema è che la squadra non c’è…non cooperano. Lo possiamo aiutare in qualche modo?”

I fatti

Il nuovo GM si è insediato da poco al comando dello stabilimento e il suo responsabile di HQ è convinto che abbia le giuste capacità per guidare i dirigenti che sino a poco prima hanno beneficiato di una larghissima autonomia dovuta alla “latitanza” del predecessore. I manager lavorano sostanzialmente bene a coppie, ma non riescono a lavorare come collettivo. Ogni qual volta sono chiamati a farlo, sembra che manchi il momento di sintesi fra le diverse posizioni. Vi sono conflitti che emergono sotto forma di piccole frizioni e sarcasmo, che segnalano la presenza di faglie sotterranee che minano il lavoro di squadra.

 

I colloqui individuali che svolgiamo rivelano infatti insoddisfazioni e la leadership assertiva e muscolare del nuovo GM, a dispetto di tutti gli autentici tentativi, sembra acuire le differenze, senza creare le condizioni per un più largo senso di appartenenza.

Cosa impedisce al GM di unire la squadra?

L’arrivo del nuovo GM, il contemporaneo inserimento di due nuovi membri e le pressioni esterne per l’arrivo di un importante progetto strategico hanno rotto bruscamente un equilibrio dinamico che caratterizzava il team della dirigenza, fino a poco prima e hanno catapultato la squadra in una insidiosa transizione. Il gruppo è nella “palude” la zona delle transizioni caratterizzata da alto dinamismo emotigeno, conflitti e performance altalenanti.

 

L’assenza di una leadership forte aveva creato degli spazi che sono stati riempiti attraverso le caratteristiche individuali. La formazione di ampie aree di autonomia in cui ciascun Dirigente sceglieva per sé ha favorito l’instaurarsi di sistemi di lavoro a coppie, che si basavano da un lato sulla contiguità operativa e dall’altra sulle affinità dei singoli.

 

I due nuovi membri non dispongono di un consolidato relazionale rispetto agli altri e il loro muoversi con uno stile cooperativo ed appartenente è dissonante rispetto a quello degli altri membri del team.

 

Paradossalmente l’azione muscolare del nuovo GM, non solo non li favorisce ma li penalizza in quanto è di tipo top down.

Come procedere?

La squadra ha bisogno di una nuova identità, in cui il perimetro che definisce chi fa parte del gruppo e chi no (“Vai bene se…”) sia chiaro, condiviso e compatibile con lo stile del nuovo GM.

 

Un programma di team coaching che include il GM, guida il gruppo a confrontarsi progressivamente e concretamente con i temi di cosa sia necessario tenere della vecchia identità e a tracciare i confini della nuova, considerando in modo pragmatico il mutato contesto di business dello stabilimento. In questo modo si creano le condizioni di base per una nuova appartenenza.

 

Un parallelo programma di coaching individuale permette ai singoli di acquisire consapevolezza sulle proprie caratteristiche e risorse, di ampliare le strategie comportamentali e di trovare motivazione e posizionamento nella nuova identità di gruppo.

 

L’intero programma si chiude con un evento in outdoor ad alta pressione emotiva che serve a condividere un’esperienza comune integrando caratteristiche cognitive, emotive e comportamentali e che permette al gruppo di creare un nuovo inizio ed equilibrio, fuori dalla zona di transizione della “palude”.

 

Nella costruzione del percorso il coinvolgimento e il committment delle funzioni HQ (COO ed HR), la visione sistemica e la comprensione dei profili individuali hanno costituito la base di successo dell’intero programma.